venerdì 8 maggio 2009

Il pesciolino rosso




Arrivò la Signora anziana insieme al servo afghano davanti alla grande vasca al centro del parco di Jamscidiè a nord di Tehran. Lei tutta ordinata e per bene, aveva pensato di liberare il suo unico pesciolino rosso il giorno 13 dall’inizio della primavera. Lui, un ragazzo giovane, basso come la Signora, aveva in mano una caraffa di vetro con l’acqua ed il pesciolino fermo.
Lei gli fa un cenno e il ragazzo butta l’acqua ed il pesciolino nella grande e profonda vasca. In realtà questa vasca era una piscina profonda di una delle famiglie ricche durante il Regno dello Scià, ma dopo la rivoluzione era diventato un parco, con un bell’intervento per renderlo agibile al pubblico. Tra tanti ristoranti e percorsi e giochi vari avevano allargato la piscina non più con una forma regolare, ma con una profondità di qualche decina di centimetri.
Il pesciolino rosso se ne stava ferma lì, e la Signora, come me, aspettava di vedere il pesciolino schizzare via nella parte profonda e scomparire nel bio profondo, iniziando a nuotare liberamente. Forse lì mancava la marijuana, come alla cucaraccia messicana, il Presidente militare all’epoca di Zapata e Villa. Non si muoveva, chissà perché, cosa aspettava per muoversi, non importava se veloce, bastava anche che nuotasse comodamente e a due passi sarebbe sprofondato nel buio, finalmente libero.
La Signora aspettò quasi un quarto d’ora e visto che il pesciolino non si decideva, si spazientì e con un cenno al ragazzo s’incamminò.
Io stavo lì ad ascoltare quello che stava dicendo mio cugino, ma pensavo al pesciolino rosso per captare il momento storico in cui, con un colpo di coda, sarebbe scappato via nel mezzo della piscina. Nel pensiero stavo cercando un bastone per farlo smuovere dal momento che non ci arrivavo con la gamba. Ho dato un occhiata intorno e tutto il giardino era in ordine senza fuscelli e rami in giro.
Se mi fosse passato per la mente il pericolo concreto e visibile che il pesciolino,da lì a poco, sarebbe stato inghiottito da una delle papere, mi sarei data da fare in qualche modo per farlo scappare dato che le papere erano continuamente nutrite con pezzetti di pane che i bambini le buttavano e non sarebbero certo morte di fame, o di sete, ma il pesciolino avrebbe perso l’unica vita che possedeva. Il gioco non valeva la candela. Ma io non ascoltavo quello che il cugino mi stava raccontando, e aspettavo il piccolo movimento che avrebbe spostato il pesciolino di 30- 50 centimetri. Ancora adesso non mi capisco perché non mi sono data una mossa, anche quando vedevo il pesciolino che di fronte al beccheggiare dei 3 anatre o papere si muoveva come se fosse ancora dentro quella caraffa, in tondo e alla stessa altezza. Nel senso orario e nel senso antiorario. Da qualche cosa ero paralizzata, forse la lunga chiacchierata del cugino mi aveva reso impassibile, ero lontana, ma sono ritornata in me quando una delle papere riuscì a inghiottire il pesciolino rosso che non sapeva cosa fosse la libertà. Nella sua memoria, sproporzionata con il cervellino minuscolo, il mondo era sempre rimasto quello che aveva conosciuto da piccolo, un tondo trasparente e poco profondo in cui lui ogni tanto si dava una mossa in questo o in quel senso. Adesso gli avevano cambiato l’acqua come facevano ogni tanto. Niente più. E lui non doveva fare nient’altro che starsene fermo come sempre.
Libertà? E chi la conosce? Chi la vuole? A che serve? E senza avvertirlo gli avevano donato la grande grandissima libertà, ma lui non se n’era accorto. Gli avessero detto in qualche maniera che, guarda, la tua libertà è una grandissima piscina e un giorno la conoscerai, ma bada che ci sono tanti pericoli, invece qui dentro la caraffa non c’è. Niente. E lui prima di conoscere la libertà, conobbe i suoi pericoli. La libertà delle papere equivaleva alla sua morte.
p.s. per chi volesse, il pesciolino quando vide l’ombra delle papere su di sé pensò: “se qui non mi invento qualcosa mi sa che finisce male!” e immaginò di avere le ali, come i pesci volanti. Così veloce, sempre continuando a girare in tondo si alzò dall’acqua e iniziò a volare..! Le papere rimasero male, ma pensarono: “meglio mangiare dei bei pezzetti di pane, l’abbondanza c’è, che un povero pesciolino rosso che avrebbe volato nelle nostre pance!”
Di Farrokh e Natalia Bavar, 2008

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